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ET VERBUM CARO FACTUM EST

Quando l'ingegno è arte

6 dicembre 2023 - 7 gennaio 2024

Realizzati con tecniche e materiali differenti, i manufatti esposti nella mostra “Et Verbum caro factum est. Quando l'ingegno è arte” rappresentano le scene tipiche del repertorio natalizio: dall'Annunciazione alla Fuga in Egitto, dal Bambinello Gesù al Presepe.
Ai Presepi appartenenti alla collezione privata palermitana ed esposti per la prima volta a Caltanissetta, grazie al generoso prestito da parte dei proprietari, si affianca – nell’atrio d’ingresso e nella galleria dell’ala dedicata al contemporaneo – l’esposizione di una decina di presepi e diorami, alcuni provenienti dal Museo del Presepio di Giarre, altri realizzati in loco da un gruppo di volontari, coordinati da padre Marko Cosentino, nel rispetto della tradizione dei presepi artigianali siciliani.
La mostra nel suo complesso costituisce un percorso le cui tappe rappresentano le principali manifestazioni dell’arte devozionale siciliana – dai carretti siciliani, superbamente decorati da abili artisti, alle preziose conchiglie con il guscio inciso, dalle variegate composizioni con le statuette in cera ai dipinti devoti realizzati sotto vetro oppure su maiolica o altri materiali, fino ai presepi artigianali che ancora si allestiscono nelle case e alle “figuredde” addobbate per le novene negli spazi pubblici e privati – per una narrazione quanto più esaustiva del Natale in Sicilia.
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Approfondimenti
Pannelli espositivi della mostra
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Colophon

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Introduzione alla mostra

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I presepi

Alcune delle opere esposte

APPROFONDIMENTI

CONCHIGLIE DEVOZIONALI
Le conchiglie devozionali sono legate a forme di artigianato artistico che – dalla Terrasanta, grazie all’opera dei Francescani – si diffusero in tutto il Mediterraneo sin dal XVI secolo, intersecandosi con tradizioni artistiche locali a carattere popolare.
La pratica di lavorare la madreperla delle conchiglie, incidendola, si è diffusa in Italia, specialmente nel meridione, soprattutto tra il XVII e il XIX secolo.
Il tema più ricorrente nelle conchiglie incise è quello religioso, in particolare le figure di santi e gli episodi del Nuovo Testamento. Le figure potevano essere realizzate nella parte interna, concava, della conchiglia attraverso incisioni e “graffi” praticati con uno strumento appuntito, coltello o bulino, e successivamente annerite con colori naturali, con una tecnica simile a quella che veniva impiegata in Sicilia per la produzione di manufatti di arte pastorale quali i bicchieri di corno incisi. Oppure le figure venivano intagliate lavorando la parte esterna, convessa, della conchiglia, assumendo una colorazione tipicamente monocroma.
Spesso la scena incisa nella madreperla - rappresentata secondo i canoni spaziali diffusi e consolidati in analoghe tipologie figurative popolari (dipinti su vetro, ex voto, stampe xilografiche) - è racchiusa all’interno di una cornice decorata con elementi geometrici o fitomorfi.
All’apice della conchiglia è quasi sempre presente un appiccagnolo che rende possibile l’ancoraggio a un cordoncino.


SCULTURE IN CERA
La tradizione dei bambinelli in cera entro campane di vetro, dal chiaro valore apotropaico contro le morti infantili premature e propiziatorio di fecondità per le giovani coppie di sposi, è soltanto l’ultima tappa dell’evoluzione della consolidata tradizione della ceroplastica in Sicilia. Originariamente le sculture in cera riproducevano parti anatomiche utilizzate per lo studio scientifico del corpo umano o impiegate come elementi a vista nelle sculture che avevano un’anima di stoppa ricoperta da vesti preziose, o ancora le cere riproducevano in miniatura celebri composizioni iconografiche opera di grandi pittori attivi in Sicilia.
Entro teche incastonate nelle pareti dei palazzi nobiliari o all’interno di “scarabattole” portatili erano ricreate scene e ambienti con sculture in cera e con l’impiego di materiali preziosi che riproducevano, in piccolo ma fedelmente, gli oggetti del mondo reale. Nel corso dell’Ottocento questo “mondo in miniatura” ha lasciato sempre più spazio alla singola statua a carattere religioso, spesso il Bambino Gesù disteso su lettini o avvolto in preziose culle all’interno di una scarabattola di vetro e legno, fino all’evoluzione più tarda del Bambinello in trono o in piedi sotto la campana di vetro. Tale fu la diffusione di questi manufatti nell’Ottocento che si affermò la figura del “bamminiddaru”, ovvero lo scultore specializzato in bambinelli in cera.

CARRETTI SICILIANI
Divenuto un souvenir tipico della Sicilia grazie a Pitrè che nel 1881 lo portò all'Esposizione Industriale di Milano, il carretto siciliano era allora un comune mezzo di trasporto che circolava frequentemente sulle trazzere siciliane: ancora nel 1940, nella sola provincia di Palermo, si contavano 5.000 carretti!
Alla seconda metà dell’Ottocento risale probabilmente la caratteristica decorazione dei carretti siciliani, di cui esistono diverse varianti sia per le forme sia per le decorazioni: il carretto alla palermitana, per esempio, si riconosce per la forma trapezoidale delle fiancate laterali, quello alla catanese invece ha le fiancate rettangolari.
Queste ultime sono dette “masciddara”, divise in riquadri da travetti scolpiti, chiamati “barruna”; le altre parti caratteristiche del carretto siciliano sono: le ruote, due, ciascuna con 12 raggi chiamati “iammozzi”, scolpiti e dipinti; due lunghe stanghe, chiamate “asti”, chiuse da due fasce di legno - “chiavi” – che costituiscono le parti scolpite di maggior valore del carretto; infine la “cascia di fusu” in legno intagliato, sormontata da un ricco arabesco di metallo, che accoglie l’asse metallica di collegamento delle due ruote.
Alla realizzazione del carretto concorrono diverse maestranze: il mastro di carretto, carradore, che dava forma al legno; il fabbro, firraru, che realizzava e decorava gli elementi meccanici; infine lo scultore-intagliatore e il pittore per le ricche decorazioni.
Tra le tematiche più antiche per le decorazioni del carretto vi è l’argomento religioso, in particolare le raffigurazioni di episodi tratti dal Vangelo.

DIPINTI DEVOZIONALI
I primi dipinti su vetro – o meglio “sotto vetro” - sono documentati in Sicilia sin dalla prima metà del Seicento nelle botteghe palermitane e catanesi da cui successivamente, soprattutto nell’Ottocento, si diffusero verso i centri abitati minori dove entrano a far parte dell’arredo comune con valenze decorative più che devozionali.
Nei loro manufatti, caratterizzati da colori vivaci e distribuiti in campiture assai nette, i pincisanti – com’erano chiamati gli artisti che dipingevano sul vetro – privilegiavano la finalità devozionale del dipinto: i personaggi raffigurati, quali i santi maggiormente venerati dal popolo o i protagonisti degli episodi evangelici legati alla vita di Gesù, hanno tratti stilistici e costruzioni iconografiche semplici e fortemente codificate. Lo stile che ne risulta è una commistione tra esperienze di pittori e attività di decoratori di carretto.
Queste caratteristiche stilistiche sono riscontrabili anche nelle mattonelle devote in maiolica dipinta utilizzate come decorazione e poste, con valore di protezione, in prossimità delle porte d’ingresso di casa o all’interno degli ambienti domestici.
Si riscontra invece uno stile più aulico e certamente più ricercato nei dipinti e negli arazzi ricamati destinati alla devozione privata negli ambienti domestici.

Foto dell'allestimento della mostra

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